Osteopatia e recupero sportivo: uno studio sul rugby
Osteopatia e recupero sportivo: uno studio sul rugby
Uno studio del CIO – Collegio Italiano di Osteopatia di Parma, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Journal of Manipulative and Physiological Therapeutics

- Osteopatia e recupero sportivo: uno studio sul rugby
- Osteopatia e recupero sportivo: uno studio sul rugby. Il trattamento
- I risultati
- E gli altri sport?
- Franco Guolo
- Luca Carnevali
Osteopatia e recupero sportivo: uno studio sul rugby. Quanto l’osteopatia può essere utile nel recupero sportivo? A questa domanda ha provato a rispondere uno studio del CIO – Collegio Italiano di Osteopatia di Parma, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Journal of Manipulative and Physiological Therapeutics nel gennaio 2021 a firma di Luca Carnevali, Francesco Cerritelli, Franco Guolo e Andrea Sgoifo e dal titolo, tradotto dall’inglese, Trattamento manipolativo osteopatico e parametri cardiovascolari in giocatori di rugby. Nello studio è stato fondamentale anche il contributo degli osteopati Giovanni Librici e Gloria Solarino. Un lavoro di ricerca che ha coinvolto 23 giocatori professionisti di tre squadre di rugby parmigiane e che è stato condotto per circa sei mesi presso lo Stress Control Lab del CIO, un laboratorio in cui lo stress viene “misurato” attraverso parametri oggettivi biologici.
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Osteopatia e recupero sportivo: uno studio sul rugby
Il primo obiettivo era quello di valutare l’impatto di un incontro agonistico di rugby sul recupero cardiovascolare a distanza di 18-20 ore dal match rispetto a una giornata che non era stata preceduta né da partite né da allenamenti. Il secondo obiettivo era capire se una seduta di trattamento manipolativo osteopatico potesse favorire un rapido recupero dei parametri cardiovascolari alterati a seguito del match. Sono stati presi in esame parametri come la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa media e la variabilità della frequenza cardiaca stessa.
Quest’ultimo parametro rappresenta un importante indicatore della capacità del sistema cardiovascolare di adattarsi ai vari contesti: più il battito è irregolare (e quindi maggiore è la variabilità della frequenza cardiaca), migliore è l’adattabilità dell’organismo agli stimoli esterni. I giocatori sono stati reclutati nell’ottobre 2017 con queste caratteristiche: essere in salute e non avere subìto infortuni, essere maggiorenni e partecipare regolarmente a partite competitive di rugby con un allenamento regolare per una media di 6 ore a settimana nelle ultime quattro settimane. Sono stati esclusi coloro a cui erano state diagnosticate malattie cardiovascolari o lesioni cerebrali traumatiche, e coloro che utilizzavano farmaci in modo cronico o che ne avevano fatto uso durante l’ultima settimana.
CIO – Collegio Italiano di Osteopatia (Parma)
Ai partecipanti è stato chiesto di non svolgere attività fisica il giorno della sessione di registrazione e di astenersi dal consumo di caffeina, alcol e fumo per almeno 12 ore prima della sessione di registrazione, poiché queste variabili possono avere effetti transitori sulle misurazioni cardiovascolari. Ogni giocatore, all’oscuro degli obiettivi dello studio, è stato testato in due diverse condizioni: 18/20 ore dopo un match agonistico e, alla stessa ora del giorno, in una condizione di riposo. “Valutando i parametri cardiovascolari, abbiamo notato che anche a distanza di tempo dalla partita, i giocatori continuavano a mostrare alterazioni indicative di affaticamento e recupero non completo dal punto di vista fisiologico – spiega Luca Carnevali, neurofisiologo dello Stress Control Lab e docente CIO – . La frequenza cardiaca, anche dopo 20 ore dal match, era elevata così come la pressione cardiaca, mentre la variabilità della frequenza cardiaca era ridotta rispetto ai normali valori in una condizione di riposo”. Subito dopo il monitoraggio, i rugbisti sono stati sottoposti a una seduta osteopatica per poi essere nuovamenti sottoposti a indagini cardiovascolari.
Osteopatia e recupero sportivo: uno studio sul rugby. Il trattamento
“I giocatori sono stati sottoposti a un trattamento manipolativo globale della durata di 30 minuti volto a liberare il più possibile la struttura muscolo-scheletrica con lo scopo di ridare libertà soprattutto alle aree spinali per l’equilibrio neurovegetativo”, ha detto il co-firmatario dello studio Franco Guolo, direttore didattico e docente del CIO. Le manovre osteopatiche, non dolorose, hanno interessato tutto il corpo, sia il rachide, sia le parti periferiche. “Il trattamento – continua Guolo – ha consentito inoltre di recuperare eventuali strascichi lasciati da traumi pregressi”. Per poter valutare l’efficacia del trattamento osteopatico sul recupero sportivo, un gruppo di rugbisti è stato sottoposto a un trattamento osteopatico fittizio della stessa durata. L’osteopatia, in base al risultato dello studio, è stata funzionale al recupero sportivo attraverso una sola seduta. Nei casi invece di trattamento fittizio non è stato riscontrato alcun miglioramento.
CIO – Collegio Italiano di Osteopatia (Parma)
I risultati
“Dopo il trattamento osteopatico, abbiamo riscontrato un immediato recupero dei parametri cardiovascolari verso la normale condizione di riposo – continua Carnevali -, risultato che non abbiamo ottenuto laddove è stata effettuata una manipolazione fittizia di controllo”. In particolare, è stato osservato un aumento significativo della variabilità della frequenza cardiaca e una riduzione della pressione arteriosa media.
StressLab – CIO Collegio Italiano di Osteopatia (Parma)
E gli altri sport?
Lo studio effettuato allo Stress Control Lab del CIO si è concentrato, come abbiamo visto, sul rugby. Ma i risultati suggeriscono che gli stessi effetti si potrebbero ottenere in altri ambiti sportivi. “Tutti gli sport portano a stress importanti sia sul sistema muscolo-scheletrico sia sul sistema neurovegetativo – spiega Guolo – con effetti su performance, affaticamento muscolare e recupero, che l’osteopatia potrebbe riuscire a contrastare”. Quello condotto dal CIO è un lavoro unico nel suo genere. In passato sono stati realizzati lavori sul monitoraggio del recupero fisiologico dei giocatori di calcio; non è però mai stato valutato l’effetto del trattamento manipolativo osteopatico sullo stesso. In altri studi, sempre condotti al CIO, è stato invece dimostrato come il trattamento manipolativo osteopatico sia efficace contro lo stress e porti a un aumento della variabilità della frequenza cardiaca a riposo e contrasti la riduzione della stessa indotta dallo stress.
Osteopatia e Fibromialgia: mani esperte contro il dolore
Sommario
- Fibromialgia: chi colpisce?
- Fibromialgia: quali sono le cause?
- Osteopatia e Fibromialgia: mani esperte contro il dolore. Cosa può fare l’osteopatia? Lo studio del CIO
- Mauro Fornari DO
- Stefano Matassoni DO
Osteopatia e Fibromialgia: mani esperte contro il dolore. La fibromialgia o sindrome fibromialgica è una patologia di difficile interpretazione e per questo poco conosciuta e diagnosticata. Nonostante se ne parli poco, essa viene indicata da recenti statistiche al secondo o terzo posto fra le malattie reumatiche e colpisce per lo più donne adulte. È caratterizzata da dolore cronico diffuso a tutto il corpo, stanchezza, disturbi del sonno e diversi altri sintomi che compromettono pesantemente la qualità della vita.
Fibromialgia: chi colpisce?
L’incidenza della malattia varia dallo 0,5 al 12% a seconda della popolazione campionata e del metodo di accertamento utilizzato. Le donne superano i maschi in un rapporto di circa 3 a 1. Un’indagine in 5 Paesi europei (Germania, Italia, Portogallo, Francia e Spagna) è andata a sondare la presenza della fibromialgia nella popolazione generale e in 8 cliniche reumatologiche partecipanti; la presenza complessiva nei 5 Paesi variava dal 2,9 al 14% nei pazienti ambulatoriali trattati negli studi reumatologici.
La prevalenza della sindrome aumenta con l’età, soprattutto nella mezza età (50-59 anni) e poi diminuisce nei gruppi di età più avanzata (più di 80 anni). L’età media di diagnosi, comunque, è tra i 30 e i 50 anni. La fibromialgia nei bambini è ormai ben riconosciuta e colpisce dall’1% al 6,2% dei più piccoli; negli adolescenti è associata a una significativa compromissione della funzione fisica e a uno stato di salute non buono rispetto ai coetanei, con conseguente isolamento e assenteismo scolastico.
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Fibromialgia: quali sono le cause?
Le cause della sindrome sono ancora poco chiare. “I fattori psicosociali possono giocare un ruolo importante – spiega Stefano Matassoni, osteopata che ha tenuto un corso per osteopati su questo tema al CIO, Collegio Italiano di Osteopatia – tanto che alcuni studiosi hanno suggerito il concetto di resilienza, quel fattore protettivo che rende le persone meno vulnerabili agli eventi avversi della vita, e può essere applicato ai pazienti con qualsiasi condizione di dolore cronico. È stato ipotizzato che l’immunità sia fondamentale nella patogenesi della malattia, poiché i fattori scatenanti l’auto-immunità, come traumi e infezioni, sono tra gli eventi più frequenti che precedono la sua comparsa”. In alcuni casi, spiega Matassoni, essa può anche essere temporalmente collegata a vaccinazioni, protesi mammarie al silicone o a iniezioni di olio minerale, che generano una reazione neuroinfiammatoria. Un altro aspetto sotto esame è l’asse intestino-cervello, che collega il microbioma intestinale con il cervello attraverso il sistema nervoso enterico: i pazienti con fibromialgia hanno batteri intestinali meno diversificati e presentano cambiamenti nel metabolismo dei neurotrasmettitori.
Inoltre, uno studio recente ha stabilito che la densità delle fibre nervose intraepidermiche era ridotta in due terzi dei pazienti, e che questi sentivano un dolore più intenso e lancinante, un maggior peso della malattia e più ansia.
Numerosi studi, inoltre, sono concordi nell’individuare, tra i fattori predisponenti e aggravanti, lo stress. Durante lo stress acuto, le modifiche della struttura corporea hanno lo scopo di far fronte al fattore di stress esistente e di provocare l’adattamento. Ma sotto stress cronico, questo adattamento potrebbe diventare molto costoso per il sistema fasciale, a causa di una concomitante infiammazione cronica. Sebbene non esista una terapia specifica, sono disponibili diverse terapie farmacologiche e non farmacologiche.
Osteopatia e Fibromialgia: mani esperte contro il dolore. Cosa può fare l’osteopatia? Lo studio del CIO
L’osteopatia può giocare un ruolo importante nel trattamento della fibromialgia. Il CIO – Collegio Italiano di Osteopatia ha condotto negli anni passati uno studio su 85 pazienti, della durata di due anni e mezzo, volto a verificare l’efficacia dell’approccio manuale, ottenendo buoni risultati nel miglioramento della qualità di vita e nella diminuzione dell’assunzione di farmaci dei soggetti coinvolti. I gruppi di pazienti trattati hanno riportato sui questionari a loro forniti miglioramenti sul piano neurovegetativo, sul piano algico dell’apparato locomotore e una maggiore resistenza allo stress familiare e alla vita lavorativa. “Il trattamento osteopatico lavora sullo stress del paziente cercando di regolare il sistema nervoso autonomo attraverso un approccio manipolativo ben preciso su aree sia dell’apparato muscolo-scheletrico sia su aree nervose – spiega Mauro Fornari, osteopata presidente del CIO – Collegio Italiano di Osteopatia – . Si effettuano manipolazioni dolci, che non sono dolorose ma non signifca che non vadano in profondità. Queste sono volte a riequilibrare il sistema nervoso autonomo e a rilassare la muscolatura”.
Immagine CIO – Collegio Italiano di Osteopatia Grazie alle sedute osteopatiche si riesce a ridurre l’infiammazione e il dolore; le persone sopportano molto meglio l’affaticamento e quindi anche il peso lavorativo. L’osteopatia, spiega Fornari, rappresenta dunque un valido aiuto, ma deve essere accompagnata da un corretto stile di vita perché nei pazienti che soffrono di fibromialgia è molto importante il fattore motorio, respiratorio e alimentare. Sono dunque utili quelle strategie che limitano gli effetti deleteri dello stress cronico e dell’infiammazione – una dieta anti-infiammatoria, una corretta attività fisica, una buona igiene del sonno, il sostegno sociale e la riduzione dello stress – sono fondamentali per regolare in meglio l’interazione tra i sistemi corporei. Nei casi più gravi occorre invece prendere farmaci.